IL LIBRO GRANDE DI ALBINATI
Ho già ampiamente parlato di Edoardo Albinati e de La scuola cattolica ma posso giudicare utile rifarlo alla luce della presentazione a Pordenonelegge2016, con il sempre acuto Filippo La Porta come moderatore.
In effetti la discussione (in un tendone gremito) ha consentito di entrare un po´nella cucina
dell´autore e illuminare meglio alcuni aspetti del romanzone.
Credo di aver chiarito la mia opinione: quello di Albinati è un good effort, un buon libro ma non
un´opera dirompente né particolarmente innovativa.
In effetti il primo sforzo di La Porta è stato mirato a definire cosa sia l´opera di Albinati. Un romanzo propriamente detto?
Con precisione e lucidità il critico ha parlato di un ritratto di maschi in un interno, di un´educazione sentimentale, di un diario personale scritto in 10 anni, di un ritratto di un quartiere, di una discesa nel male. Tutto corretto.
Ha poi sottolineato le tre componenti probabilmente comuni a ogni opera di narrativa e in particolare i pesi che queste hanno avuto in Albinati.
La descrizione - e ce ne è molta (la scuola, il quartiere, le abitazioni borghesi). La riflessione - ed è centrale (giustamente La Porta sottolinea come il romanzo consista di tanti e spesso illuminati microsaggi). Il racconto - e ve ne è solo "Un po´"(Q.B. verrebbe da dire).
Lo scrittore poi ha preso la parola e incisivamente ha subito messo in chiaro "Ma chi se ne frega se è un romanzo oppure no?". D´altra parte - sempre parole di Albinati - "Il romanzo romanzo è quel genere che non si capisce cosa è. Il romanzo domina e divora". Non c´è dubbio che il libro sia -. anche fisicamente - molto dominante.
Una delle chiavi importanti per questa che io avevo definito come una lunga elucubrazione d´autore la dà ancora lo scrittore parlando del libro come della "Storia di un romanzo che si sta facendo", elemento di posizionamento importante anche per la natura autofictionale di questo tour de force, in questo non dissimile al Ben Lerner di Nel mondo a venire e al solito Knausgard.
Come sempre quando si parla di questo scrittore, si deve sottolinearne l´intelligenza e La Porta lo ha fatto, evidenziando anche il rischio che questa rischi di sopraffare il lettore. Albinati si sente intelligente, si vede, ma lo fa pesare comunque con una certa discreta gradevolezza.
Tra tanti elementi con cui concordo e che mi hanno fatto pensare di aver imboccato una direzione giusta, ragionevole nella mia recensione, dissento invece dal giudizio di La Porta sui "Mostri del Circeo" descritti con il famigerato distacco da entomologo. O meglio: il distacco c´è,
ma l´osservazione di La Porta sembra suggerire un giudizio positivo sulla parte di libro più chiaccherata e che io ho trovato più debole.
In ultima analisi: il tendone pieno, lo Strega, il libro abnorme, lo scrittore stimato anche per le opere precedenti, il bel parlare e le ottime recensioni. Albinati verrà ricordato come uno dei fenomeni (letterari) del 2016, se questo basterà per le antologie e per la futura memoria bisognerà vedere, di certo il rischio (e ne hanno parlato i due sul palco) è che il libro sia più chiacchierato che letto, ma viste le vendite, immagino che allo scrittore e a Rizzoli vada bene così. Il tutto aspettando il nuovo di Giuseppe Montesano (per Giunti) che pare "cubi" 2.000 pagine.
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