C´È DEL MARCIO A STOCCOLMA
Questo è un articolo Mainstream. Certo che lo è.
Eppure l´opera di Stieg Larsson non è solamente Mainstream, e unisce alcune caratteristiche fondanti del cd. Giallosvezia a una serie di thriller-furberie tipicamente americane, in particolare alcuni personaggi forti come la Salander e Zalachenko (un cattivo da film, appunto), laddove spesso il genere (si legga ad esempio il fondamentale Leif G.Persson, ma anche Mankell) gioca spesso con i toni di grigio e le sfumature (caratteriali).Anche l´evoluzione di Blomkvist nella trilogia, decisamente superuomistica, mostra come Larsson avesse architettato bene il suo lavoro, cercando di prendere il meglio del genere scandinavo e di renderlo ancora più commerciabile e - usando una brutta parola - globalizzato. Vendibile nel mondo, specie quello di lingua inglese.
Quello che non è mainstream ma forse lo diventerà è il quartiere di Stoccolma dove si svolge la vita di gran parte dei personaggi della trilogia di Millennium.
Si tratta di Södermalm, di fronte al centro e alla città vecchia, collegato a essa con il ponte di Slussen, zona un tempo popolare e ora sempre più ricercata - i prezzi degli immobili sono significativi. Il quartiere si presenta multietnico, sfaccettato, ha zone di una bellezza mozzafiato (la vista su Stoccolma del camminamento di Monteliusvägen) e strade vivacissime di negozietti (libri e vestiti di seconda mano, strumenti musicali) e mestieri creativi, bar, piccoli caffè.
E ancora appartamenti e case d´epoca debitamente ristrutturati, con attici che ti immagini superlusso e strade di palazzoni popolari dall´aria dozzinale e un po´depressa.
Larsson stesso abitava a Södermalm e da bravo scrittore avrà voluto partire da qualcosa che conosceva bene, scelta direi azzeccata.
Iniziamo dove di fatto inizia tutto, e da una prima ottima intuizione dello scrittore. La rivista Millennium. Larsson stesso era giornalista e lavorava per Expo, periodico svedese di ispirazione anti-razzista.
Con Millennium (nella foto la porta della redazione, in Götgatan 11) Larsson escogita una rivista di denuncia, impegnata sull´attualitá e sul sociale, cosa che - anche qui in ottemperanza agli stilemi del genere svedese - gli consente di dare un sottofondo sociale alle sue opere, e di toccare nodi importanti della società svedese: il potere economico di poche ricchissime famiglie, una sorta di cerchia chiusa di oligarchi e ancora alcune connivenze tra il potere economico stesso e posizioni di estrema destra in un paese rimasto neutrale nella seconda guerra mondiale, e poi la condizione delle donne, il trafficking di prostitute, il potere dei servizi segreti (ben presente per esempio anche nell´opera di Persson).
Di fatto l´opera di Larsson ha due protagonisti paritetici: Blomkvist e la Salander. Abilmente Larsson ha concepito un personaggio maschio posato, debitamente tormentato ma in sostanza sicuro di sé, combattivo e protettivo il giusto, in contraltare la felicissima intuizione di Lisbeth: un passato di violenze subite, una scorza durissima di hacker ed esperta di arti marziali che racchiude turbe e paure quasi da bambina. Da bambina o quasi è anche l´aspetto fisico, un corpo che ci immaginiamo elfico, nascosto dietro mise che definirei post-punk oppure emo (anche qui, Larsson è stato abile e astuto, visto il potenziale di identificazione nella "moda", specie da parte dei lettori più giovani).
Blomquist abita qui e in effetti si tratta bene, il suo attico si trova in Bellmannsgatan 1 (nel film viene comunque ritratta la casa di Bellmannsgatan 5), con una bellissima vista sulla città vecchia e su Kungsholmen, a dieci minuti a piedi (meno in bicicletta) dalla redazione.
Mikael è in fondo (anzi, non troppo in fondo) tutto ciò che vorremmo essere: professione creativa, uomo affascinante ma non uno stolido tombeur de femmes, giusto ma non infallibile, sicuro di sé ma non arrogante. In realtà come ho già detto nel secondo e nel terzo volume della trilogia
l´evoluzione va verso il "supereroe", una progressiva americanizzazione dovuta probabilmente alla necessità tecnica di spingere su situazioni altamente spettacolari evitando lo stallo.
C´è poi da dire che - per chi abbia letto il libro e visto i film - è poi difficile trascendere del tutto dagli impersonificatori di Blomkvist: la faccia un po´terrea e fissa di Michael Nyquist e lo 007 (si diceva, il supereroe) Craig David.
Per puri scopi turistico-spettacolari mostro anche in questa foto lo stupendo panorama che si gode a pochi metri dalla casa di Mikael, da Monteliusvägen verso Gamla Stan (sulla destra) e il municipio di Stoccolma (sulla sinistra), purtroppo come spesso capita nei Thriller i personaggi sono impegnati in altre e ben più perigliose faccende, e pochi sono i momenti idilliaci.
Lei - Lisbeth - personaggio davvero furbo (mi ripeto) e forte, anche lei nell´evoluzione dei romanzi sempre più indistruttibile, pure lei ormai legata ai volti delle due attrici che l´hanno ritratta, seppure devo qui dire che quella svedese - Noomi Rapace - è secondo me molto più azzeccata ed espressiva del corrispettivo americano Rooney Mara.
In questi palazzoni popolari si svolge nel libro e nel film svedese l´infanzia di Lisbeth, con le violenze domestiche e la crudele, orrida presenza del criminale impunito Zalachenko.
Con questa serie di personaggi credo che Larsson alluda alle connivenze tra servizi segreti svedesi e criminalità russa nell´ambito del dopoguerra e della cortina di ferro, alle difficili condizioni degli immigrati in Svezia, alle violenze domestiche e al loro spesso essere taciute anche in un ambito apparentemente sano come quello della società svedese. Ci troviamo in Lundabron, curiosamente cinque minuti a piedi dalla casa di Blomvist e, visto che le case torreggiano sulla collina dove è posto il quartiere di Södermalm, ci possiamo immaginare che il panorama che si gode da quelle finestre sia comunque bellissimo. E che chi ci abita si senta comunque ai margini di quella sana e azzurra pura-biondo società svedese.
Nel film americano viene filmato invece questo palazzo di Brännkyrkansgatan 68 - la zona è la stessa, la sostanza non cambia.
Non cambiano la natura ribelle e irrimediabilmente segnata dai traumi
dell´infaniza di Lisbeth, la sua forza e voglia di combattere, di sfruttare al massimo ciò che la vita le concede (sesso, possibilità tecnologiche, denaro), la volontà di vendicarsi, la sua anaffettivitá che nasconde probabilmente una natura fragile e la paura di essere nuovamente delusa e mortificata.
Larsson deve averci pensato a lungo, specie in relazione al suo rapporto con Blomkvist e ai loro non numerosi (ma intensi) accoppiamenti
Come simbolo del riscatto di Lisbeth, l´ultima foto è quella del palazzo
d´epoca, ben rinnovato, in Fiskargatan 9, dove la hacker e impiegata
nell´agenzia di investigazioni Milton Securities ha un attico nel quale vive, ama, fuma e (ma) ha ancora da combattere con i fantasmi del proprio passato.
Ci sarebbero altri luoghi rilevanti, il Kvarnen dove Blomkvist va a cenare, la caffetteria preferita in Hornsgatan (nel pieno del quartiere) e ancora il palazzo di giustizia su Kungsholmen dove si svolgono i vari processi, ma credo che questi siano i più suggestivi e - per appartenza geografica - quelli a cui Larsson teneva di più.
Ho trascurato volutamente i luoghi dal quarto romanzo in poi, visto che è spurio, apocrifo e pur nella sua sostanziale leggibilità, ampiamente inferiore ai primi tre.
Spero di avervi dato impressioni del romanzo pari a quelle che questi luoghi - pur in giornate solatie poco adatte alle atmosfere brumose del giallo/thriller - mi hanno comunque restituito.
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