IL SENSO DELLA POESIA
Prima confessione del dilettante recensore: facendo confusione tra copertine e momenti di acquisto mi sono messo a leggere questo Sazio di giorni di Yoram Kaniuk (di cui avevo già letto 1948) pensando di leggere invece un altro grande della letteratura israeliana ovvero Yehoshua Kenaz. E va beh, a pagina venti mi sono reso conto, è già qualcosa. Kenaz lo leggerò, comunque.
Questo è l´ultimo romanzo che Kaniuk ha scritto prima di lasciare questo mondo, e si vede, si sente, si capisce: è il suo grande (piccolo di dimensioni) romanzo su vecchiaia, morte, destino e rimpianti.
Questa storia riesce ad essere allo stesso tempo poesia, romanzo, saggio, e se vogliamo imperfetta e allo stesso momento lirica, necessaria, appassionante.
Imperfetta perché Kaniuk ama l´accumulo, le situazioni ambigue e a volte illogiche (momenti in cui sogno e ambiguità fanno la loro comparsa in queste pagine e ci vengono vendute come verità) ma lo si perdona volentieri, come il pittore del suo romanzo lo immaginiamo intento a proporci la vera poesia, quella buona, quella che non accetta barriere e compromessi.
Ecco, il pittore di cui si parla é un personaggio altamente simbolico e allo stesso tempo non stereotipato (ci deve essere molto di Kaniuk, dentro): ha rinunciato al suo talento (e non solo) e ha deciso di dipingere solo i morti. È come se questa scelta gli avesse regalato una libertà ulteriore e un occhio particolare che sa andare oltre le convenzioni e le apparenze. I personaggi che ruotano attorno a lui (Magda, la affascinante vedova che gli commissiona il ritratto del marito defunto, il figlio Omri) sembrano disprezzarlo e amarlo allo stesso tempo in un crescendo quasi Grossmaniano febbrile e ricco di colori e tonalità (io immagino molti rossi/marrone, rosso/giallo, ocra, terra di Siena...) che conduce a una sorta di finale che non vi dirò, ma che pare ribaltare quella diffusa aura di incompletezza e insoddisfazione emanata dal nostro pittore e che pare contagiare tutti coloro che interagiscono con lui.
Kaniuk si conferma in questo libro un grande poeta moderno, uno scrittore che non teme confronti con gli altri grandi del canone israeliano e quindi meritorio di (ri)scoperta.
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