CHE APOCALISSE SIA
È ufficiale: gli scrittori italiani hanno scoperto l´apocalisse e l´imminente disgregazione dell´occidente!
Ora, in altri contesti critici a questa frase potrebbe essere aggiunto un solo ora malizioso o addirittura un fuori tempo massimo distruttivo, mentre personalmente non ho intenti di questo tipo. È chiaramente l´ombra lunga di certo DeLillo, di McCarthy (quello de La strada) e - perché no - di quel sole basso che in London Fields incombeva su una Londra plumbea (e Amis è uno dei riferimenti espliciti di Zardi), ma alla fine non conta quanto e quando ci si inserisce in una tendenza, ma la qualità del libro, dico io.
C´è stato Pecoraro con il suo La vita ai tempi di pace, dove l´apocalisse era più vissuta nel decadimento di corpi e valori, poi l´apprezzato e apprezzabile Stalin+Bianca del giovane e bravo Barison, secondo me una diretta derivazione delilliana, e ancora - letto da poco - Dinosauri di Giorgio Specioso (dove la si gioca in maniera parodistico-ironica) e un piccolo volume di poesia collettiva - La deriva del continente, nel quale il personaggio principale Patterson (ispirato al masterpiece poetico di William Carlos Williams) vagola incerto nei contorni in un Europa dominata da terrorismo, denari e sensazione di non farcela più.
E ora in questo XXI Secolo di Paolo Zardi il programma è esplicitato fin dal titolo. E si realizza ad esempio nelle frequenti iterazioni che nominano occidente e 21° secolo, e nella descrizione efficace e e inquietante di una città simile alle nostre ma squassata da decadenza, pericolo e gang di delinquenti in libera uscita.
È un libro riuscito questo di Zardi, perché mischia bene questo aspetto apocalittico alla storia privata e per molti versi tenera del protagonista. La moglie entra in coma (pagina 1, nessuno Spoiler) e in questo mondo minaccioso tocca a lui sbuffare e sferragliare per mandare avanti la famiglia, continuare col suo lavoro di venditore, accudire la moglie e provare a dipanare la trama di un segreto che la riguarda. Quest´ultima invenzione è fondamentale nell´equilibrio della storia perché permette non solo di conoscere meglio il mondo interiore del protagonista, ma anche di renderlo maggiormente dinamico, e di variare situazioni, registri e personaggi rispetto alla semplice linearità di una "discesa nella distruzione" del 21° Secolo.
Il libro ha la copertina (molto McCarthy) e le dimensioni giuste, quindi compatto, di modo che tendenzialmente sfogliata l´ultima pagina uno ne vorrebbe ancora un pochino - e anzi qualche nodo non viene volutamente sciolto, sottilizzando un paio di storie e digressioni (es. il rapporto con la sorella della moglie) non vengono risolte - paradossalmente poi il finale lascia spazio alla speranza ricollegandosi all´aspetto di tenerezza (che sta nell´amore, nei figlie e anche negli animali) che sottolineavo prima e che trovo riuscito e rinfrescante, in quanto mi pare sentito e che bilancia alcuni squarci di amarezza e disillusione che paiono arrivare da un Houellebecq depotenziato a dovere.
Non ho seguito le puntate precedenti di questo autore, ma mi sembra che qui ci siano stoffa e idee, e che bene abbia fatto l´editore a puntare su questo romanzo (di cui si sta parlando abbastanza) e a candidarlo al premio Strega.
Se apocalisse deve essere, insomma, tanto vale che siano i bravi scrittori a descrivercene in anticipo i possibili contorni.
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